Caratteri
Come scegliere il “tipo” giusto
La scelta del carattere con il quale viene composto il testo deve essere frutto di una serie di riflessioni che tengono in considerazione il suo corrispondere alla tipologia del contenuto, la presenza di tutti i glifi necessari per il testo (pesi, corsivi, simboli), gli usi consueti della casa editrice, i supporti sui quali sarà letto e gli ingombri che avrà a disposizione. L’utilizzo di diversi caratteri per la medesima opera deve corrispondere alle diverse intonazioni e connotazioni utili per la comprensione del testo. Un testo tutto in corpo 10 senza nessuna differenziazione sarà più difficile da interpretare e da ricordare di un testo dove le formattazioni mettono in evidenza i contenuti e la struttura.
Grazie prego
Quando leggiamo un testo non percepiamo le singole lettere, ma tendiamo a leggere parole o gruppi di parole più o meno numerose a secondo dell’abilità del lettore. Questa capacità dell’occhio di riconoscere la figura, la forma della parola, pare sia agevolata dalla presenza delle grazie che legano tra loro le lettere, dando compattezza visiva alla parola. I caratteri con le grazie vengono dunque percepiti più comodi alla lettura. Per questo motivo il testo portante viene trattato con caratteri graziati, mentre per i testi accessori, più brevi, come didascalie, schede, esercizi, note, vengono usati caratteri lineari, senza grazie.
Il testo non si legge bene, possiamo aumentare il corpo?
È una domanda molto frequente quando ci si trova davanti a qualche imbarazzo sulla scelta di un carattere. Il problema è che il corpo del carattere, solitamente espresso in punti tipografici (pt), è solo una delle tante varianti che ne determinano la leggibilità. Inoltre, non è una misura assoluta, con la quale si possono paragonare caratteri di famiglie diverse.
La dimensione del carattere espressa in punti non rappresenta la zona visibile, stampata, bensì il suo ingombro ideale, compresi gli spazi vuoti che stanno intorno ad ogni glifo, e che impediscono alle singole lettere di toccarsi. Per questo motivo, la stessa parola scritta in corpo 10 punti risulterà di dimensioni molto diverse se scritta con caratteri diversi.
Ci sta o non ci sta?
Ogni carattere sviluppa ingombri differenti in base al suo disegno. Ciò può avere ripercussioni minime per testi brevi (ad es. didascalie, titoli), mentre può modificare sensibilmente il numero di pagine per testi lunghi. Il formato della pagina insieme al suo supporto (carta, schermo, proiezione) condizionano la “lunghezza” dello stampato così come la tipologia di lettura.
Per contenere gli ingombri si possono usare caratteri che tendono a occupare meno spazio possibile, grazie a un disegno “condensato” dei glifi e allo sfruttamento massimo dello spazio tra i glifi. Questa scelta deve essere ben ponderata, poiché può compromettere la leggibilità.
È sconsigliato deformare il carattere riducendolo in percentuale per costringerlo dentro ingombri prefissati. Questa operazione altera le forme e i delicati equilibri interni del carattere pregiudicandone la leggibilità.
Tante voci, un solo coro: completezza della famiglia
I libri scolastici hanno la necessità di costruire sulla stessa pagina molti livelli di lettura: il testo corrente, le didascalie, le schede, le note, le evidenziazioni, il glossario... Il riconoscimento e la distinzione di questi livelli di lettura deve avvenire a colpo d’occhio, e deve rimanere costante per tutta la pubblicazione. Quando si imposta un progetto è necessario dividere i contenuti per tipologie semantiche, strutturarli e ordinarli gerarchicamente, per poi cercare un carattere che disponga di una famiglia con un numero di varianti (pesi) abbastanza numerosi da poter tradurre visivamente la varietà dei contenuti.
Carattere: Times, Garamond, Futura, Helvetica... Dimensione: corpo 8, 12, 16, 18... Forma: maiuscolo, maiuscoletto, tondo, corsivo, condensato, espanso... Peso: leggero, neretto, nero, nerissimo... Questo è un breve elenco dei pesi visivi che possono essere attribuiti al testo per evidenziarne la tipologia. Il rischio che si può correre è di eccedere nel numero di enfatizzazioni tipografiche di stili, di caratteri producendo un caos tipografico della pagina che disorienta il lettore e non gli permette di distinguere i singoli contenuti.
La tavola dei glifi
Il nostro alfabeto è composto da 26 lettere, alle quali vanno aggiunte le accentate, la punteggiattura, le cifre, i simboli speciali (come ad es. “@”), le valute. L'insieme di tutti questi segni (glifi) si chiama tavola dei glifi. La completezza della tavola dei glifi deve essere controllata quando si sceglie un carattere per un progetto, verificando che in essa siano presenti tutti i segni necessari per portare in pagina il contenuto.
Matematica, fisica, chimica, lingue straniere: ogni materia ha bisogno della sua tavola dei glifi. Il testo esprime una sua coerenza, un suo tono, attraverso la forma tipografica che è data dal carattere. Ricorrere ad un altro carattere perché il quello scelto manca dei glifi necessari al contenuto è una rottura ingiustificata della coerenza del discorso. È come cambiare repentinamente tono o espressione della voce durante una conversazione senza nessun motivo. Non tutti i caratteri dispongono di tavole complete e articolate, e spesso mancano di simboli matematici, di lettere accentate o più banalmente di cifre minuscole...
Affinità tra contenuto e carattere
L'affinità espressiva tra la tipologia del contenuto e la forma del carattere è sicuramente una delle componenti più difficili da definire. Ci sono comunque delle consuetudini sedimentate grazie alle quali si può intervenire, per creare effetti che vanno dal contrasto all'armonia passando per il mimetismo. Con un carattere senza grazie è più probabile sentirsi a proprio agio nella lettura del teorema di Bernoulli che nell'Infinito di Leopardi. Comporre le terzine della Divina Commedia in Bodoni potrebbe mettere in evidenza una lettura estetizzante così come un freddo lineare potrebbe passare come provocazione attualizzante.
Caratteri di luce, caratteri di inchiostro
Diversi tipi di carta come diversi tipi di schermo richiedono diversi tipi di caratteri. Le carte uso mano assorbono l'inchiostro e tendono a ingrossare il carattere, le carte patinate, al contrario, accuendo il contrasto del bianco pagina con il nero dell'inchiostro, tendono a snellirlo. Gli schermi luminosi possono avere delle risoluzioni modeste che rosicchiano il carattere, modificandone la forma o per effetto della luce proiettata rendendone faticosa la lettura.
Dalla lista ridotta di caratteri web safe - in vigore da più di 15 anni - installati sui maggiori sistemi operativi, si sta passando a nuovi standard che consentono di visualizzare il testo HTML con caratteri appositamente progettati per gli schermi e che dispongono di famiglie così numerose da contenere varianti ottime anche per la carta. Questi caratteri consentiranno agli editori di costruire piattaforme di lettura sulle quali fidelizzare i lettori, offrendogli un servizio che rende il testo abitabile ovunque venga letto.
Usi e costumi dell'editore
Ogni editore tende a ridurre il numero delle famiglie di caratteri utilizzati, un po' per creare, attraverso il carattere, quell'aria di famiglia tipica della casa editrice; un po’ per offrire al lettore una piattaforma stabile di lettura sulla quale, una volta “addestrato” alla lettura, si possa trovare a suo agio nel passaggio da un titolo a un altro. È il caso del Garamond Simoncini tipico dell'Einaudi, o più recentemente del Fedra Collins disegnato da Peter Bil'ak (Typotheque) per i dizionari Collins.
La casa editrice Zanichelli ha consolidato negli anni una lista di font collaudati. In nero sono riportati i caratteri idonei alla stampa, in azzurro i caratteri di sistema e in verde le webfont; l'adozione di queste ultime deve essere seguita con molta attenzione.
Formati dei caratteri
I caratteri possono avere diversi formati (TrueType, PostScript Type1 e Type 2) ma solamente il formato OpenType si è evoluto basandosi sullo standard Unicode. Questo standard viene supportato dai moderni standard della programmazione, dall’XML e da vari sistemi operativi. OpenType è stato concepito da Microsoft ed Adobe come il successore dei loro precedenti formati di caratteri tipografici. Le caratteristiche dei font OpenType sono:
- codifica basata su Unicode;
- si può utilizzare il font per qualsiasi lingua o per più lingue allo stesso tempo;
- i documenti che utilizzano questi font sono indipendenti dalla piattaforma;
- ogni font OpenType può avere fino a 65536 glifi;
- i font possono contenere caratteristiche tipografiche avanzate, che permettono un corretto trattamento tipografico dei linguaggi complessi che non utilizzano i caratteri romani.
Ricorda
- Quando scegli una font valuta l’esistenza dei glifi che servono per trattare il contenuto.
- Scegli unicamente font basati su codifica Unicode.
- La leggibilità è influenzata da molti fattori tutti legati tra loro: corpo, carattere, giustezza, interlinea, composizione.
- I caratteri “display” non sono graditi.
- Una consuetudine: caratteri con le grazie per il corpo del testo; caratteri senza grazie per testi brevi.
- I caratteri devono essere di buona famiglia.
- I caratteri devono appartenere a famiglie numerose.
- Non eccedere nell’uso di diversi stili di caratteri.
- Per coordinare la lettura tra un libro e la sua versione su schermo occorre scegliere font concepiti per entrambi gli usi: per la stampa e per gli schermi.
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